Tigers’ Stadium gremito ieri sera per assistere alla prima casalinga dei giovani felini striati nero – verde in assetto militare da combattimento per affrontare l’Ardor Bollate. Obiettivo: semplicemente vincere, dopo le sconfitte brucianti delle settimane scorse che ancora facevano capolino prima del consueto carosello di riscaldamento. Ma è bastato toccare la palla a spicchi ai tigrotti di Milano per visualizzare i moniti ricevuti in settimana da coach Zappetti e ricordare i due torni industriali distrutti in palestra ad affilare artigli da guerra di generazione Wolverine pronti per colpire. Si parte.
Partita sostanzialmente equilibrata. Le due squadre si fronteggiano colpo su colpo fino alla fine del primo quarto. Il tabellone segna 12 a 11 per i Tigers ma è presto per capire come andrà a finire. Il secondo periodo sancisce l’equità dei valori in campo (26 pari). Si ripropone la sensazione di sempre con i Tigers di questi tempi: cuccioli potenzialmente distruttivi che gettano il proprio arsenale tattico e preferiscono combattere all’arma bianca. Nel terzo quarto l’Ardor conquista un importante vantaggio (39 a 36) sostenuta dalle vuvuzela baritonali dei propri tifosi e dalle incursioni del loro fantasista numero 99. Siamo al quarto periodo. Il tifo sugli spalti accompagna le gesta dei contendenti. Il tempo scorre e l’Ardor mantiene il suo vantaggio. Solo le gesta eroiche del Profeta (Gioele) e le pennellate decise del Caravaggio (n.d.r. Michelangelo Merisi detto il Caravaggio) consentono ai Tigers di restare in scia. Siamo all’epilogo. Un minuto e trentaquattro secondi alla fine e Tigers sotto di due: 50 a 48. Sono fasi concitate ma il Profeta compie o’miracolo segnando un canestro contro le leggi della fisica esistenti e anche quelle ancora da scrivere. Il suo urlo verso i tifosi inonda di adrenalina gli spalti. E’ il delirio. L’Ardor riparte con la rimessa dal fondo ma commette infrazioni di passi non appena entrata nella metà campo striata. Palla quindi nelle mani sapienti di colui che ha sostenuto dall’inizio con le sue incursioni la squadra: penetrazione, nessun canestro ma fallo e due tiri liberi che pesano sul 50 pari come piombo fuso. Primo tiro: errore. Pressione psicologica a 1000 bar ma Il Flagello (n.d.r. Di Dio, Alessandro) decide finalmente di abbattersi sull’avversario. E’ 51 a 50 Tigers. Le follie degli ultimi 18 secondi non mutano più quanto ormai è scolpito nella pietra.
E’ VITTORIA cari Tigernauti. Di quelle che fanno bene al cuore e al morale. La pizzata celebrativa a seguire ricorda il clima del volo aereo degli Azzurri di Bearzot al rientro dai mondiali di Spagna nell’82.
Marco Buttafava